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martedì 30 maggio 2017

TOTTI IN FABBRICA


La lotta di classe e sindacale assomiglia molto al calcio. Il calcio è fonte di ispirazione continua per ogni sindacalista che si rispetti. È la sua metafora preferita e il termine di paragone più utilizzato. Per questo io non voterei mai un sindacalista che sa tutto del Contratto, ma non conosce a memoria la collezione completa dell’almanacco illustrato del calcio, quello della Panini, almeno dal 1968 a oggi. Un sindacalista che non abbia paura di cominciare la battaglia per l’aumento senza più il suo Totti al suo fianco, è un sindacalista che non vale una cicca. Per questo oggi ci vorrebbe un lavoratore particolare, per esempio un Bettio, un talento di fabbrica rubato al pallone ruspante, anche lui a breve all’addio, che oltre a raccontare le sue solite menate sulla reazione che ormai so a memoria, mi ridesse sorriso, spirito e morale, chiedendomi a bruciapelo: «Lorenzo, quanti giorni di permesso ho per eventi e cause particolari come l’addio di Totti, ma soprattutto a che minuto ha segnato Selvaggi nel derby del 1982?».
Era giusto quando mio padre, in una soleggiata domenica d’aprile, con la radio e l’aspirapolvere accesi, sul 2-0 per i gobbi, si era imprudentemente messo a lavare la macchina nel cortile, e mentre l’aspirapolvere cominciava a ingolfarsi, l'epiglottide a trangugiare sudore, il tempo a rallentare fino quasi a fermarsi, il volume della radio ad affievolirsi ad affievolirsi fino al momento critico in cui anche il ronzare degli aeroplani si ruppe di colpo, e irruppe al suo posto, poco più sotto ma ben oltre il settimo cielo, una delle più fragorose, immacolate esternazioni che si siano mai innalzate in un derby della Mole. Quel fulmine rabbuiò come un temporale tutto il caseggiato. Fu in quel preciso momento che tutto il quartiere, metà con odio, rabbia e tristezza, metà con odio, gaudio e tripudio, seppe con la chiarezza del Signore, che quel giorno, cominciato apparentemente così bene per mio padre, rovinava nella polvere con le zebre abbattute e ribaltate per 3-2.
Nel cortile ammutolito, l’aspirapolvere morto, il fango riattaccato, la macchina ritirata in fretta come una merda, mio padre atterrito, fermo e immobile come una statua di sale nel tramonto infuocato, a un bimbo già rosso e un po’ strano come un Malpelo, per un momento parve di sentire da molto lontano ma vicino al cuore, i primi palleggi di un altro bimbo suo coetaneo. Nello stesso istante, poco più in là, in un campo di periferia, fischiato da spalti spelacchiati e ingenerosi, il mio uomo rubato al pallone ruspante, come un 'O Animal dei poveri veniva espulso e rientrava così per sempre in fabbrica, attaccando le scarpe all'armadietto anziché al chiodo. Poi la voce della radio ricominciò molto timidamente a fiatare. Era Ciotti, serafico, dall’Olimpico che ricordava minuto e punteggio e che la ventilazione, in attesa dell’esplosione di quel piccolo talento, continuava ad essere inapprezzabile.

Lorenzo Mortara
RSU FIOM YKK
Il sindacato è un’altra cosa

Stazione dei Celti
Martedì 30 Maggio 2017

PS – Non era Selvaggi, non era il 1982, non era Aprile e forse non era neppure finita 3-2. Non ha importanza, sono un sindacalista in formazione. Voglio il mio Contratto e un almanacco della Panini tutto per Totti. Perché Totti non solo era speciale, Totti era proprio come noi, era tutta un’altra cosa. Come il Bettio. E anche lui avrà il suo almanacco speciale...

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