La
lotta di classe e sindacale assomiglia molto al calcio. Il calcio è
fonte di ispirazione continua per ogni sindacalista che si rispetti.
È la sua metafora preferita e il termine di paragone più
utilizzato. Per questo io non voterei mai un sindacalista che sa
tutto del Contratto, ma non conosce a memoria la collezione completa
dell’almanacco illustrato del calcio, quello della Panini, almeno
dal 1968 a oggi. Un sindacalista che non abbia paura di cominciare la
battaglia per l’aumento senza più il suo Totti al suo fianco, è
un sindacalista che non vale una cicca. Per questo oggi ci vorrebbe
un lavoratore particolare, per esempio un Bettio, un talento di
fabbrica rubato al pallone ruspante, anche lui a breve all’addio, che oltre
a raccontare le sue solite menate sulla reazione che ormai so a
memoria, mi ridesse sorriso, spirito e morale, chiedendomi a
bruciapelo: «Lorenzo,
quanti giorni di permesso ho per eventi e cause particolari
come l’addio di Totti, ma soprattutto a che minuto ha segnato
Selvaggi nel derby del 1982?».
Era
giusto quando mio padre, in una soleggiata domenica d’aprile, con
la radio e l’aspirapolvere accesi, sul 2-0 per i gobbi, si era
imprudentemente messo a lavare la macchina nel cortile, e mentre
l’aspirapolvere cominciava a ingolfarsi, l'epiglottide a trangugiare sudore, il tempo a rallentare fino
quasi a fermarsi, il volume della radio ad affievolirsi ad
affievolirsi fino al momento critico in cui anche il ronzare degli
aeroplani si ruppe di colpo, e irruppe al suo posto, poco più sotto ma ben oltre il settimo cielo, una delle più fragorose, immacolate esternazioni che si siano
mai innalzate in un derby della Mole. Quel fulmine rabbuiò come un
temporale tutto il caseggiato. Fu in quel preciso momento che tutto
il quartiere, metà con odio, rabbia e tristezza, metà con odio,
gaudio e tripudio, seppe con la chiarezza del Signore, che quel
giorno, cominciato apparentemente così bene per mio padre, rovinava nella polvere con le
zebre abbattute e ribaltate per 3-2.
Nel
cortile ammutolito, l’aspirapolvere morto, il
fango riattaccato, la macchina ritirata in fretta come una merda, mio padre atterrito, fermo e immobile come una statua di sale nel tramonto infuocato, a un bimbo già rosso e un po’ strano
come un Malpelo, per un momento parve di sentire da molto lontano ma
vicino al cuore, i primi palleggi di un altro bimbo suo coetaneo. Nello stesso istante, poco più in là, in un campo di periferia, fischiato da spalti spelacchiati e ingenerosi, il mio uomo rubato al pallone ruspante, come un 'O Animal dei poveri veniva espulso e rientrava così per sempre in fabbrica, attaccando le scarpe all'armadietto anziché al chiodo. Poi
la voce della radio ricominciò molto timidamente a fiatare. Era
Ciotti, serafico, dall’Olimpico che ricordava minuto e punteggio e
che la ventilazione, in attesa dell’esplosione di quel piccolo
talento, continuava ad essere inapprezzabile.
Lorenzo
Mortara
RSU
FIOM YKK
Il
sindacato è un’altra cosa
Stazione
dei Celti
Martedì
30 Maggio 2017
PS
– Non era Selvaggi, non era il 1982, non era Aprile e forse non era
neppure finita 3-2. Non ha importanza, sono un sindacalista in
formazione. Voglio il mio Contratto e un almanacco della Panini tutto
per Totti. Perché Totti non solo era speciale, Totti era
proprio come noi, era tutta un’altra cosa. Come
il Bettio. E anche lui avrà il suo almanacco speciale...